Le Spese del lastrico solare si ripartiscono per 1/3 all’utilizzatore esclusivo e per 2/3 al Condominio a meno che non vi sia una delibera assembleare derogante

 

La pronuncia della Corte di Cassazione sulle spese del lastrico solare

In tema di ripartizione delle spese condominiali la Cassazione è intervenuta con una recente pronuncia, per mezzo della quale ha stabilito che la modifica dei criteri di ripartizione delle spese del lastrico solare può essere validamente approvata con la maggioranza assoluta dell’assemblea, senza che per questo sia necessaria l’unanimità degli aventi diritto (Cass. Civ. sent. n. 1992/2020).

La vicenda processuale definita dalla citata sentenza della Cassazione traeva origine dall’atto con cui un condomino citava in giudizio il proprio condominio al fine di vedersi annullata la delibera assembleare con cui, in difetto di unanimità, era stato stabilito un criterio di ripartizione delle spese di manutenzione straordinaria del lastrico solare in suo uso esclusivo ai sensi dell’art. 1126 c.c. (1/3 a suo carico e 2/3 a carico del condominio) anziché in conformità del criterio – a lui più vantaggioso – previsto dal regolamento condominiale.

Persi i primi due gradi di giudizio – il giudice di primo grado rigettava la domanda attorea in quanto proposta tardivamente ed in secondo grado il Tribunale disponeva l’obbligo di attenersi al criterio di cui all’art. 1126 c.c. stabilito da una delibera assembleare proposta in precedenza e mai oggetto di impugnativa – l’attore ricorreva in Cassazione, perdendo nuovamente la causa in virtù del principio di diritto sopra enunciato.

La decisione della Cassazione si fondava sulla valutazione secondo cui le determinazioni dei regolamenti condominiali stilati dall’originario proprietario dell’edificio condominiale ed allegati ai contratti di acquisto delle singole unità immobiliari, unitamente ai regolamenti condominiali approvati all’unanimità, hanno natura contrattuale soltanto qualora comprimano o accrescano i diritti dei condomini sulle proprietà esclusive o comuni; di contro, nel caso in cui disciplinino semplicemente la fruizione dei beni comuni, queste clausole non hanno natura contrattuale, ma regolamentare.

Ciò posto, se le clausole di natura contrattuale possono essere modificate soltanto dall’unanimità dei condomini, le clausole di natura regolamentare sono modificabili con la maggioranza assoluta, talché non è possibile a maggioranza introdurre un criterio di ripartizione delle spese diverso da quello previsto dal regolamento.

Nella vicenda di specie, tuttavia, si insinua una particolarità: vi era, infatti, nel regolamento una clausola avente natura contrattuale che legittimava l’approvazione a maggioranza di eventuali revisioni, aggiunte o modifiche proposte dall’amministratore o dai comproprietari, inclusi quindi i criteri di spesa previsti dal regolamento. Tanto premesso, acquistando la proprietà del proprio immobile, l’attore ha sottoscritto il regolamento predisposto dall’originario costruttore, acconsentendo così che la deroga al criterio stabilito dal codice civile fosse suscettibile di modifica a maggioranza e non all’unanimità.

 

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Si rimane a disposizione per qualsivoglia delucidazione occorresse.

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