Un recente intervento della Cassazione (Cass. Civ. ordinanza n. 9997/20) ha chiarito le conseguenze giuridiche dei danni fisici patiti in un ristorante dall’avventore.

La vicenda

L’intervento giurisprudenziale richiamato trae origine da un giudizio civile in cui una bambina, all’interno di un ristorante, subiva ustioni dopo essere stata colpita da una pizza rovente caduta dal vassoio di un cameriere. I genitori avevano così intentato una causa contro i gestori del locale e, all’esito del giudizio di primo grado, il Tribunale dava ragione a questi ultimi, avendo la dinamica degli eventi integrato il cd. caso fortuito. Nel giudizio di appello, invece, la Corte riteneva provata la responsabilità dei ristoratori, non avendo gli stessi adottato le cautele opportune. La Cassazione ribaltava nuovamente la decisione e, rinviando alla Corte di Appello di per una nuova statuizione sul punto, forniva un importante inquadramento sistematico della casistica in esame.

Il contratto atipico di ristorazione

La questione giuridica essenziale emersa nel caso de quo, alla quale la Suprema Corte ha posto risoluzione, concerneva la natura della responsabilità del ristoratore per l’incolumità degli avventori. Ci si chiedeva, pertanto, se si trattasse di responsabilità contrattuale o extracontrattuale ai sensi dell’art. 2043 c.c.

Come noto, una conclusione in un senso piuttosto che nell’altro è pregna di conseguenze giuridiche: differisce infatti il regime della prescrizione – 5 anni nella responsabilità da fatto illecito e 10 in quella contrattuale – e l’onere probatorio è maggiormente stringente in tema di responsabilità extracontrattuale.

Il ricorso per Cassazione assumeva che la Corte di Appello di Roma avrebbe dovuto qualificare la domanda attorea come domanda extracontrattuale ex art. 2043 c.c. Infatti, secondo quanto riferito dal ristoratore ricorrente, il contratto di ristorazione avrebbe a oggetto unicamente la fornitura, da parte del ristoratore, delle pietanze e delle bevande, con la conseguenza che l’infortunio occorso a un cliente durante il periodo in cui si trattiene nel ristorante non rientrerebbe nelle obbligazioni sorte con il contratto stipulato tra ristoratore ed avventore (contratto stipulato, evidentemente, per facta concludentia).

La Corte di Cassazione ha così chiarito la vera portata applicativa del contratto di ristorazione: chi accede in un ristorante stipula infatti un contratto che, tra gli altri obblighi per il ristoratore, presuppone quello di dare ricetto e ospitalità all’avventore. In assenza di questo profilo, invero, non si dovrebbe parlare di contratto di ristorazione ma di semplice compravendita di cibi preparati o da preparare.

Il vincolo contrattuale gestore-avventore è quindi più articolato rispetto alla semplice somministrazione dei cibi, imponendo al primo anche obblighi di adottare tutte le cautele funzionali a preservare l’incolumità del cliente (oneri qualificabili alla stregua di effetti naturali del contratto ex art. 1374 c.c.). Va da sé che, l’inosservanza di tale profilo, comporta de facto il mancato assolvimento ad obblighi di natura contrattuale, con conseguente inadempimento.

Conclusioni

In conclusione, nel contratto di ristorazione il creditore della prestazione “affida” la propria persona alla controparte e, con ciò, sorge a carico di quest’ultima l’obbligo contrattuale di garantire l’incolumità dell’avventore. Tale contesto, ispirato a dettami di matrice costituzionale (art. 32 Cost., applicabile in tutti i contratti in cui una delle parti affidi la propria persona all’altra), secondo l’intervento giurisprudenziale richiamato integra a carico del ristoratore una responsabilità di natura contrattuale, con tutte le conseguenze di legge.

 

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