Beni comuni del condominio

Ai sensi dell’art. 1117 c.c. sono parti comuni dell’edificio condominiale tutti i beni necessari all’uso comune (quali le scale, i portoni di ingresso, i cortili, le aree destinate al parcheggio etc.).
È bene specificare che l’elenco contenuto nel predetto articolo non è tassativo, bensì è suscettibile di estensione a tutti quei beni che risultano essere parte del condominio sia per la concreta destinazione al servizio e all’uso comune, sia per l’attitudine oggettiva del bene al godimento comune (Cass. n. 13262/2012).
Inoltre, come rilevato dal costante orientamento della giurisprudenza di merito, con riguardo ai beni comuni in condominio l’art. 1117 c.c. pone una presunzione di “condominialità” (sent. Trib. Milano n. 23/2019).
Tali beni sono considerati indivisibili, a meno che la divisione possa farsi in modo paritario e proporzionato al valore del piano o porzione di piano che appartiene ad ogni condomino.

 

Eccezione alla comproprietà dei beni condominiali

L’art. 1117 c.c. prevede che, qualora risulti dal titolo, i beni condominiali non siano di proprietà comune, superando così la presunzione di condominialità sopra richiamata.
Per titolo si intende l’atto che ha dato vita al condominio e, pertanto, rivestono tale qualifica il regolamento contrattuale o gli atti di acquisto delle singole unità immobiliari: si pensi ad esempio al caso in cui il proprietario dell’intero condominio, nell’atto di vendita di un appartamento, riservi a proprio favore la proprietà di una parte condominiale che altrimenti sarebbe ricaduta nell’elenco di cui all’art. 1117 c.c.
Il titolo non può derogare alla presunzione di comproprietà dei beni del condominio solo qualora essi siano necessariamente condominiali, quali ad esempio le fondamenta, per natura indivisibili.

 

Diritto d’uso esclusivo in ambito condominiale

In materia condominiale accade sovente che un determinato bene sia destinato all’uso esclusivo di un solo condomino.
Anzitutto, il bene in uso esclusivo nell’ambito del condominio deve comunque essere considerato di spettanza di tutti i condomini, ma secondo un rapporto di riparto delle facoltà di godimento diverso stabilito sulla base del titolo di attribuzione di tale diritto.
Con riferimento alla natura giuridica del diritto d’uso esclusivo, la giurisprudenza si è da tempo interrogata in merito alla sua riconducibilità ad un diritto reale.
Secondo la Cassazione “la pattuizione avente ad oggetto l’attribuzione del cd. “diritto reale di uso esclusivo” su una porzione di cortile condominiale, costituente, come tale, parte comune dell’edificio, mirando alla creazione di una figura atipica di diritto reale limitato è preclusa dal principio, insito nel sistema codicistico, del “numerus clausus” dei diritti reali e della tipicità di essi” (Cass. Sez. Un., 17 Dicembre 2020, n. 28972).
Chiarita la natura giuridica del diritto di uso esclusivo, diviene necessario comprendere quali siano le modalità per poter attribuire tale diritto ad un condomino, giacché tale diritto, come si è visto, deve necessariamente fondarsi su di un titolo.
In primo luogo, occorre verificare se il titolo negoziale che siffatta attribuzione abbia contemplato implica di verificare se, al momento di costituzione del condominio, le parti:

  • non abbiano voluto trasferire la proprietà;
  • abbiano voluto costituire un diritto reale d’uso ex art. 1021 c.c.;
  • abbiano inteso stipulare un contratto avente ad oggetto la concessione di un uso esclusivo e perpetuo (ovviamente “inter partes”) di natura obbligatoria.

Tanto premesso, il diritto d’uso esclusivo viene determinato da una fonte negoziale tra le parti, (avente quindi natura obbligatoria) e non da una delibera assembleare poiché, se il bene è di proprietà comune e non individuale, ciascuno condomino ne è contitolare e la delibera condominiale che eventualmente decida diversamente, in quanto incidente su di un diritto soggettivo di comproprietà, sarebbe nulla (Sent. Trib. Roma n. 9860/2018).
Nel caso in cui la delibera assembleare dovesse esser stata adottata all’unanimità e possa così fungere da “assegnazione” valida tra le parti, è necessario poi un secondo atto notarile che sancisca il trasferimento del diritto di uso esclusivo, costituendo esso stesso atto d’acquisto a titolo derivativo.

 

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Si rimane a disposizione per qualsivoglia delucidazione al riguardo

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